Spesso, anche se destinata a non essere esaudita durante la vita terrena, per cui la risposta della Scrittura alla ricerca del volto di Dio si concretizza nell’invito a osservare le leggi e i comandamenti da Lui donati.
La teologia ebraica abolisce, infatti, la possibilità di vedere direttamente Dio: «Persino la gloriosa teologia del kabod non significa né la pienezza di Dio né la presenza di Dio. Questa protegge l’individualità della presenza non mediata di Jahvè».
Il senso letterale dell’espressione indica la visita al santuario e, poiché il culto di Israele è aniconico, non si può parlare nella teologia ebraica di un guardare il volto di Dio: «Il concetto “volto di Dio” non è divenuto perciò nell’A.T. un concetto teologico autonomo, ma esiste solo come un modo di esprimersi».
Al contrario la benedizione per eccellenza equivale ad avere il volto di Dio che risplende su di sé: «Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio».
Nel Nuovo Testamento prorompe, rispetto al tema del volto e dello sguardo, una prospettiva nuova e inattesa che capovolge la visione veterotestamentaria.
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